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L'Ecuador è abitato dall’uomo da circa 11.000 anni: tribù di cacciatori e raccoglitori hanno dato origine a diverse culture, come quella di Valdivia (tra il 3500 e il 1800 a. C.), localizzata lungo la costa, nei pressi dell’estuario del fiume Guayas, o la più tarda cultura Manteña (tra l'800 e il 1500 d.C.) e quella dei Cañari (tra il 400 d.C. e il 1532 d.C). Diversi popoli, diverse culture e abitudini, i cui equilibri, agli inizi del XV secolo, vennero sovvertiti prima dalle pressioni della nazione Cara, che si espanse al Nord e al centro della pre-cordigliera andina, e poi dall’Impero Inca che, tra guerre, alleanze e tessitura di rapporti commerciali, impose la propria presenza in Ecuador, fatta eccezione per l’area amazzonica. L’impero Inca innescò lo sviluppo di una rete viaria, di tecniche agricole e di allevamento, intensificò gli scambi commerciali fra le diverse aree del Sud America. Ma i conflitti dinastici interni alla famiglia imperiale, nella prima metà del 1500, spianarono la strada all’avanzata dei conquistador spagnoli.
Una avanzata che porta il nome di Francisco Pizarro: nel 1526 diede inizio alla colonizzazione, un processo sanguinoso che si svolse in meno di cinquant’anni. Solo l’Oriente amazzonico non venne toccato dalla conquista. Il resto dell’attuale territorio del Paese entrò a far parte del vicereame del Perù, costituito nel 1542, e nel 1563 l’amministrazione ecuadoriana diventò autonoma nell’ambito del vicereame. La popolazione locale, già decimata dagli scontri e dalle nuove malattie “importate”, venne sfruttata dagli Spagnoli nell’agricoltura, nei grandi latifondi, e nel corso dei decenni iniziò ad emergere il desiderio di indipendenza dei discendenti del conquistador, che ormai riconoscevano come Paese d’origine quello sudamericano e non più la Spagna.
All’inizio dell’800 questa insofferenza iniziò a concretizzarsi nei moti indipendentistici. I disordini scoppiati a Quito nel 1809 culminarono nel 1822, quando la popolazione, guidata dal generale José Antonio Sucre, inviato dalla Colombia da Simón Bolívar in aiuto dei patrioti, sconfisse gli Spagnoli nella battaglia di Pichincha. Dopo essere stato parte della Gran Colombia, nel 1832 lo stato si dichiarò indipendente ed adottò il nome di Ecuador, in riferimento alla linea equatoriale che passa nei pressi della città di Quito e attraversa il Paese.
Nel 1832 si verificò anche l’annessione delle isole Galápagos, che erano state scoperte in maniera casuale nel 1535, ai tempi che seguirono la conquista spagnola dei territori Inca. Le Galápagos entrarono a far parte del Paese con il nome di Archipelago del Ecuador: inizialmente l'isola di Floreana venne impiegata come colonia penale e poi popolata da artigiani e agricoltori.
Gli anni successivi all’indipendenza furono segnati da conflitti tra il versante conservatore, a fianco delle gerarchie ecclesiastiche e dei grandi proprietari terrieri dell’interno (i serranos) e la liberale borghesia costiera (costeños). Fu una fase politicamente tumultuosa, in un violento avvicendarsi delle forze al potere, che certo non favorì l’evolvere delle dinamiche sociali nel Paese, ancora sostanzialmente retto da meccanismi di tipo latifondistico.
L’instabilità, dovuta anche ai conflitti territoriali con il Perù, e l’isolamento degli strati più bassi della popolazione rispetto al mondo politico, favorì l’ascesa di nuove figure politiche che fecero presa soprattutto sugli abitanti delle città, prevalentemente meticci: questi leader carismatici non seppero però cambiare le sorti del Paese.
A dare una svolta alla vita sociopolitica ecuadoriana, alla fine degli anni Sessanta, ci fu la riforma agraria, che portò all’abolizione dei lavori forzati a cui erano asserviti gli indigeni. Un altro importantissimo fattore di cambiamento fu la scoperta dei giacimenti petroliferi, che fecero dell’Ecuador un Paese esportatore di petrolio: un cambiamento epocale, visto che fino a quel momento la banana, il caffè ed il cacao rappresentavano l’80% dell’economia del Paese. In questo periodo, con la concentrazione della popolazione nei centri urbani, la partecipazione popolare si intensificò e sfociò nel 1979 nell’approvazione della Costituzione, con l’allargamento del diritto di voto anche agli analfabeti. Gli anni che seguirono, nonostante l’economia del petrolio, furono segnati dalle crisi, dall’austerità e dalla repressione, con una instabilità che perdurò fino ai primi anni Duemila.
L’avvento di Rafael Correa a ruolo di presidente, nel 2007, ha contribuito ad un rilancio e a una stabilizzazione dell’economia, ad una riforma istituzionale e a politiche di inclusione delle popolazioni indigene, anche le più isolate, oltre che al raffreddamento dei rapporti con gli Stati Uniti, coltivati dai governi precedenti. A Correa è seguito, nel 2021, il governo di Guillermo Lasso, imprenditore e politico di centro-destra.
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