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Il loro sguardo ieratico veglia su Rapa Nui, evoca misteri ancora insolubili. Ma cosa si sa dei moai, i giganteschi monoliti che, unici al mondo, puoi ammirare sull’Isola di Pasqua?
Cominciamo con i dati certi: sono alti tra 2,5 metri e 10 metri, questi ultimi pesano fra le 70 e le 80 tonnellate. Ne esiste uno che raggiunge addirittura i 21 metri, a dimostrazione del fatto che la mania di grandezza degli artigiani iniziava a dilagare: è stato rinvenuto, incompleto e impossibile da spostare nelle sue 250 tonnellate, nella cava di Rano Raraku. Tutti i moai, ad eccezione dei più piccoli, venivano prodotti lì, alle pendici del vulcano: grandi blocchi di tufo rettangolari venivano estratti dalla parete della cava, e assumevano progressivamente le sembianze umane dei moai dopo essere stati sgrossati con strumenti di basalto e ossidiana, e intagliati con il volto rivolto verso il cielo.
Ad accomunare i moai c’è la fissità dello sguardo, che un tempo era accentuato da occhi di corallo e ossidiana, le labbra serrate e la impassibile posizione austera. Dei moai ti colpisce lo sguardo, ma sono molte le statue ad avere anche un corpo, spesso interrato e spesso decorato, e un cilindro posto sul capo, detto pukao. Questo accessorio era probabilmente un copricapo o la rappresentazione di una acconciatura, e veniva intagliato nel tufo rossastro estratto dal piccolo cratere di Puna Pau, distante circa 10 chilometri da Rano Raraku. Negli anni ’70 sono state catalogate 887 statue, ma è probabile che sull’isola ve ne fossero più di mille.
Tutti i moai, che dovrebbero incarnare lo spirito degli antenati, fanno parte di complessi cerimoniali detti ahu, di cui si trova traccia in altre aree del Pacifico meridionale, dalla Polinesia alla Nuova Zelanda: si tratta di piattaforme rettangolari, in cui le statue sono incastonate con l’aiuto di piccole pietre. Tutti i moai dei complessi di Rapa Nui, ad eccezione di quello di Ahu Akivi, volgono le spalle alla costa: i villaggi si trovavano per la maggior parte nell’entroterra e lo sguardo dei moai vigilava sugli insediamenti. Le teorie più recenti, poi, suggeriscono che i moai non avessero semplicemente un significato religioso legato a rituali ancestrali: gli ahu erano probabilmente costruiti in corrispondenza delle preziosissime fonti di acqua dolce dell’isola.
Ma se tutte le statue sono state intagliate alle pendici del vulcano Rano Raraku, come è possibile che una civiltà che non conosceva l’uso della ruota sia riuscita a trasportare questi monoliti da decine di tonnellate fino alle piattaforme disseminate sull’isola? Anche in questo caso, le teorie si fondono con il mistero. C’è chi suggerisce che venissero calate dal pendio del vulcano con delle funi ancorate a pioli di legno e poi fatte scorrere su strade ben livellate o rotaie, adagiati su rulli di legno o slitte. C’è chi suggerisce invece che i moai “camminassero” in posizione verticale, fatti oscillare con un sistema di corde.
Sia come sia, tanti degli enigmi che aleggiano sull’isola sono ancora da sciogliere, e lo sguardo dei moai continua a vegliare impassibile su questi misteri.
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